Il Service Design per il settore Automotive.

Quella che vi raccontiamo è la nostra prima esperienza lavorativa nel settore Automotive.

In realtà all’inizio non sapevamo cosa significasse precisamente il termine “Automotive”, ma da buoni service designer, come sempre armati di tanta curiosità, abbiamo iniziato a studiare questo settore partendo come spesso accade dalla definizione:

“E’ il ramo dell’industria manifatturiera che si occupa della progettazione, della costruzione, del marketing e della vendita di veicoli a motore.”

Ciò che ci interessava, ovvero ciò che avrebbe riguardato il progetto per cui avremmo lavorato da lì a breve, era la vendita e, più in generale, tutta l’esperienza offerta.

E’ importante premettere che il settore Automotive è di sicuro uno dei settori commerciali più organizzato e più strutturato. 

Ogni brand infatti, da quelli “generalisti”, a quelli “premium”, ha delle precise strategie di vendita, degli standard da rispettare, delle pratiche consolidate, dei processi ben definiti.

I processi

Il nostro committente, un importante gruppo automobilistico, si è rivolto a noi per capire come migliorare i servizi offerti, implementare la brand awareness ed ottimizzare alcuni processi in vista di un importante ampliamento aziendale. Andare quindi al “NEXT LEVEL”.

L’obiettivo che ci siamo posti è stato quindi: migliorare l’esperienza dei clienti in tutto ciò che riguarda il rapporto con un concessionario. 

(N.B. Un concessionario le auto non le vende soltanto, le ripara, le noleggia, le permuta, le rottama, le compra!!!)

Si preannunciava un lavoro certo non facile ma proprio per questo molto molto stimolante.

Una volta stabiliti obiettivi e priorità cominciava il nostro progetto.

LA FASE DI RICERCA

La prima parte del lavoro è stata, come sempre, una scrupolosa e attenta fase di ricerca, suddivisa in “desk research” e “field research” (per utilizzare due termini tecnici che rendono tutto più figo!!!).

La desk research, quella svolta “comodamente” dal nostro coworking ha riguardato:  
 
ANALISI DEI SITI INTERNET E DELLE PAGINE SOCIAL LEGATE ALL’AZIENDA.
Un’analisi non tecnica ma esperienziale, finalizzata cioè non ad una valutazione di carattere tecnico ma alla comprensione di come un cliente (o un potenziale cliente) vive questa prima forma di contatto con l’azienda.

ANALISI DELLE RECENSIONI

Le recensioni rappresentano oggi un importante occasione sia per le aziende che per i consumatori, come già spiegato in quest’articolo.
Abbiamo analizzato tutte le 2180 recensioni all’epoca presenti su internet (profili google aziendali, social, siti di settore) focalizzando l’attenzione su quelle negative per capire le principali motivazioni legate ad esperienze poco soddisfacenti lamentate sia dai clienti che da persone che, per un motivo o un altro, alla fine non avevano comprato.

Interviste ai Clienti e ai Consumatori non “convertiti”.
Per questa parte dell’analisi l’azienda ci ha fornito i contatti di alcuni clienti scelti a caso e di alcune persone che non avevano acquistato alcun servizio.
Li abbiamo raggiunti telefonicamente per intervistarli e rivolgere loro alcune domande.

In queste fasi della ricerca abbiamo operato un confronto con i principali competitor diretti e indiretti del nostro committente.

La field research (la ricerca sul campo).
La prima fase della ricerca era servita a crearci un’idea della qualità dei servizi offerti dall’azienda ma, ovviamente, non ci bastava!!

Volevamo vedere il tutto dalla prospettiva più importante: quella del cliente. E siamo così passati alla Field Research, con una delle attività più temuta dagli addetti ai lavori: i Mistery Shopping.

Avevamo bisogno di compratori in incognito. Abbiamo deciso di selezionare i nostri “attori”, non per la loro capacità di fingersi interessati all’acquisto di un’auto o di interpretare il ruolo di cliente, ma li abbiamo cercati fra quelli che in quel periodo stavano seriamente valutando l’acquisto di un’auto nuova o usata.
Ne abbiamo trovati un buon numero, tutti con caratteristiche differenti ma accomunati dalla stessa reale esigenza: acquistare un auto. 

Il campione, quanto più disomogeneo ma al tempo stesso quanto più reale e autentico possibile, era composto da:

  • una coppietta di pensionati
  • una signora sulla sessantina che voleva acquistare un’auto a suo figlio
  • un lavoratore precario senza busta paga
  • un professionista senza problemi di budget 
  • un ragazzo paraplegico

L’attività di “spionaggio” era finalizzata all’osservazione di due distinti reparti dell’azienda:

  • il reparto di B.D.C (Business Development Center) che ha il compito di gestire e smistare le lead, ovvero le richieste provenienti dai clienti attraverso i diversi canali (e-mail, telefonate, form sul sito e chat)
  • i consulenti dei saloni addetti alla vendita.


I risultati dei mystery presso i saloni hanno confermato le impressioni e risultati della prima fase di ricerca.

Le esperienze dei nostri attori, 14 in totale, sono state in alcuni casi buone, in altri ottime, qualcuna insufficiente.

Nello stesso periodo in cui i nostri attori giravano tra i vari showroom dell’azienda, noi dal nostro Coworking ci concentravamo sui Mystery Shopping per il B.D.C.

Una volta creati profili ed e-mail adatte allo scopo, abbiamo provato a contattare via telefono, chat, ed e-mail le operatrici preposte al contatto con i clienti, ponendo qualunque tipo di domanda, tecnica e non.

I  Mystery al B.D.C, come per quelli svolti nei saloni, hanno portato agli stessi risultati: una difformità del servizio ricevuto. In alcuni casi molto professionale, in altri poco soddisfacente.

Grazie a questa prima parte del lavoro avevamo acquisito una serie di conoscenze teoriche e pratiche relative al settore Automotive.
Sapevamo perfettamente, anche grazie al supporto dei committenti e di alcuni esperti del settore con i quali ci confrontavamo costantemente, quali erano i processi corretti che gli addetti ai lavori avrebbero dovuto seguire.

Avevamo imparato come dev’essere gestita una lead (consumatore interessato ad un acquisto) e come deve comportarsi un consulente che accoglie il consumatore nello showroom.

Avevamo acquisito la conoscenza di tutta una serie di termini e di aspetti tipici del settore Automotive come ad esempio:
– walk in (detto anche ghost)
– show e no show
– processo di “unsold follow-up”
– nurturing
– gestione di un’anagrafica errata

Eravamo pronti a confrontarci con i manager dei saloni, con i consulenti e con gli altri reparti dell’azienda.


I WORKSHOP CON I MANAGER E CON GLI ALTRI REPARTI DELL’AZIENDA. 

Incontrare la prima volta dei manager per discutere di “prassi operative” non è mai una cosa facile. Lo sapevamo. C’è sempre una sorta di diffidenza iniziale dovuta in parte alla poca conoscenza del Service Design, in parte al fatto che spesso, questi tipi di incontri, vengono percepiti come una sorta di critica al proprio modo di lavorare.
Le prime slide della nostra presentazione non a caso recitavano:

  • non siamo qui per giudicare il vostro operato;
  • non siamo qui per insegnarvi come fare il vostro lavoro
  • siamo qui per: ascoltare, cogliere i vostri suggerimenti, stimolare un confronto critico ma costruttivo.

Nel riportare loro i dati raccolti nella prima fase del lavoro abbiamo sottolineato quanto sia importante gestire tutte le fasi dell’esperienza di un consumatore.
Anche soltanto una (ad esempio il primo contatto con il B.D.C., l’accoglienza del cliente arrivato in salone o la fase in cui viene preparato il preventivo) può condizionare negativamente tutta la customer experience e di fatto compromettere la vendita dell’auto o di un servizio .
Offrire un servizio di qualità significa quindi curare e progettare tutte le fasi dell’esperienza, senza lasciare nulla al caso!

IL WORKSHOP CON GLI ALTRI REPARTI


Il nostro secondo workshop era dedicato ad altri reparti dell’azienda, in particolare al reparto marketing, al B.D.C. e al reparto di Customer Satisfaction e Customer Care.

Anche in questo caso abbiamo presentato ai partecipanti i primi risultati della nostra ricerca, ascoltato il loro punto di vista e accolto i loro dubbi e le loro perplessità. 

Durante entrambi i workshop abbiamo utilizzato alcuni strumenti tipici del service design:

LA FASE DI ANALISI

Con i workshop si concludevano le nostre due fasi di ricerca. I risultati prodotti erano stati utili ad individuare le principali problematiche emerse, ad analizzarne le cause, a valutarne le possibili soluzioni.

Gli aspetti su cui avevamo focalizzato la nostra attenzione, quelli su cui lavorare per riuscire a progettare un’esperienza eccellente per i clienti dell’azienda erano risultati:

  • Semplificare le “scartoffie”
  • utilizzare un linguaggio meno tecnico e più comprensibile ai consumatori
  • implementare i processi di profilazione del cliente
  • potenziare l’organizzazione delle agende dei consulenti (Time Management)
  • migliorare la fase di accoglienza in salone e di gestione dell’attesa
  • migliorare la cosiddetta fase alla “scrivania” (preventivo e finanziamento)
  • favorire una migliore integrazione tra i vari reparti

Eravamo pronti a prototipare le soluzioni da attuare.

LA PROTOTIPAZIONE

Quando si realizza un progetto di Service Design le potenziali soluzioni da attuare non vengono mai calate dall’alto.

La consulenza di un Service Designer non rientra in quelle in cui l’esperto sa esattamente cosa fare e ti dice come raggiungere quel determinato obiettivo ma, al contrario, si preferisce un approccio basato sulla co-progettazione e sulla partecipazione di tutti gli stakeholders (che in inglese significa letteralmente portatore di interesse) alla definizione degli interventi da attuare.

Il Service Designer ha il compito di guidare e coordinare tutti i soggetti coinvolti in un processo di sperimentazione conosciuto anche come prototipazione.

La prototipazione di prodotti o servizi è appunto la creazione di modelli o prototipi. 

Serve a ridurre i costi e i tempi di sviluppo di un nuovo prodotto/servizio e a testare il risultato finale, permettendo ai designer di intervenire celermente con correzioni o modifiche che miglioreranno il prodotto/servizio prima che questo venga definitivamente lanciato o attuato.

Gli interventi da prototipare, nel nostro progetto nel settore dell’Automotive avevano dunque degli obiettivi chiari:

  • migliorare l’esperienza di clienti e potenziali consumatori, eliminando o limitando al massimo quelli che nel gergo vengono definiti pain point;
  • implementare la comunicazione tra reparti, in particolare tra B.D.C e Consulenti per migliorare l’accoglienza nei saloni e la profilazione dei clienti;
  • ideare un nuovo layout per la fase di realizzazione del preventivo e di conclusione della vendita;
  • semplificare il lavoro dei reparti rendendo i processi più lineari.

Per correttezza, non descriviamo qui le soluzioni suggerite ed attuate.
Tutti gli action plan che abbiamo avuto modo di sviluppare restano, ovviamente, soluzioni esclusive consegnate al nostro committente.

Soluzioni che non comportano né grossi investimenti né rivoluzioni degli assetti organizzativi ma che sono comunque in grado di garantire una migliore esperienza per clienti e dipendenti.